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Prologo
-Questa è una storia vera. Questa è la mia storia. Probabilmente nessuno ci crederà, ma posso assicurarvi che nulla di cui vi sto per raccontare è di fantascienza-.
***
Pensavo che rimanendo nella mia casa, nel mio paese, non mi sarebbe mai successo nulla. Perché è così che era sempre successo a chi viveva dove stavo io. Le persone nascevano e morivano lì, sognavano di andarsene, ma in pochi lo facevano davvero. Non c’era motivo per farlo. Ci insegnavano sempre di rimanere, perché la città natale è una cosa preziosa, che non si dovrebbe mai abbandonare. Lì ci stanno le proprie radici, le proprie origini.
I programmi televisivi locali come “Ho lasciato casa” e “Cercavo l’avventura” ci mostravano cos’era accaduto a chi aveva abbandonato la nostra città. Le persone intervistate raccontavano di come erano state rapinate, di come non riuscissero a trovare un lavoro. Fatali incidenti colpivano chi si avventurava nel mondo e, alla fine, si trovavano sempre costretti a ritornare dov’erano nati.
Ma a me non importava.
Allora io chiesi: “Possiamo andare a vivere da un’altra parte?”. Già da piccola non mi era mai piaciuta troppo quella città. Era spesso nuvoloso, le piogge non mancavano, e gli inverni erano freddi e lunghi. Rimanevo spesso in casa a giocare con gli amici, dato che fuori era piovoso.
Quindi, mia madre rispondeva: “E perché mai? È questo il nostro posto, è una bella città. Piccola, ma bella. Solo a chi lascia le proprie origini capitano cose spiacevoli”. Questo era motivato con: “Non trova lavoro, gli capitano pessimi vicini” e cose similari. Quegli stupidi programmi di propaganda non aiutavano di certo!
Lo chiesi anche a mio padre, ma la risposta fu: “La nostra famiglia è stata una delle prime a trasferirsi qui, non potrei mai lasciare questo posto”. Lui era molto orgoglioso: i nostri antenati erano i fondatori della città. Non che concretamente valesse qualcosa.
E a mio nonno: “Oh, cara mia. La nostra famiglia fa parte delle sei originali, abbiamo un obbligo a rimanere”.
Perciò io chiedevo: “Quale obbligo?”, ma a quel punto interveniva sempre mia nonna. “Sta dicendo che furono sei famiglie a fondare questa città, e la nostra fu una di quelle”.
Mio padre sosteneva che nonno stava impazzendo per via dell’età perché spesso diceva cose senza senso anche se la sua convinzione era ammirevole. Soffriva di un lieve Alzheimer, ma rimase comunque una brava persona.
Mia nonna, poi, morì per cause naturali.
Vi racconterò di cosa successe dodici anni dopo, quando ero stanca di una vita così monotona e uguale. Quando cercavo in tutti i modi di cambiarla. Ma non ce ne fu bisogno: sarebbe successo ugualmente.
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